Il senso delle cose
un racconto breve di Fortuna Della Porta (Roma)

- Basta! - grido' -Non ne posso piu'. Me ne vado!-
Luisella rimase di sasso. Non capiva il senso di una reazione tanto esagerata da risultare indecifrabile. Gli aveva fatto notare, senza acredine solo con un po' d'ironia, che si era di nuovo schizzata la felpa e certi tessuti e' difficile smacchiarli.

Invece Filippo aveva battuto la mano sul tavolo e cominciato a urlare col viso stravolto. Lei a questo punto osservo' le occhiaie nere,  il filo di sudore sulle guance e avverti' un vago senso di colpa per non essersi accorta prima del malessere di suo marito. Presa dai preparativi per il Natale, si era concentrata sui soliti andirivieni da un negozio all'altro e sull'allestimento di uno sfarzoso albero che adesso le sembrava sproporzionato rispetto al soggiorno.

Forse, si angoscio', Filippo aveva problemi di salute.

Lo segui' in camera da letto, cercando il modo di riprendere a parlare in tranquillita' Gli tocco' un braccio e lo fece scivolare giu' in una carezza mentre Filippo metteva il pigiama in una sacca e altri oggetti necessari a passare una notte fuori casa.

Cercando di trattenere le lacrime che fuoriuscivano suo malgrado, Luisella sussurro':
- Ma dove vai? Domani e' la vigilia di Natale! -

Dopo quasi un minuto, Filippo si fermo' a guardarla con le mani sui fianchi.

Le rispose aggrottando la fronte:

- La passerai come al solito con Bianca e con tua madre. Cosa vuoi che accada se manco io? -

- Nostra figlia si domandera' dove sei finito... -

Filippo stiro' il labbro superiore verso l'alto. Una ciocca di capelli gli ricadde sugli occhi. Non aveva ancora un filo bianco.

- Nostra figlia ha ben altro a cui pensare - commento' con la voce in falsetto per la tensione. Si riferiva a quella specie di fidanzato, con tre orecchini sui lobi delle orecchie: un artista, si definiva, solo perche', armato di bombolette, di notte andava a insudiciare le facciate di periferia.

Ora Luisella piangeva a singhiozzi. Seduta sul letto si teneva una mano sulla fronte e un braccio all'altezza della vita, sopraffatta dall'assurdita' dell'accaduto. Senti' sbattere la porta d'ingresso e d'un tratto il silenzio fu devastante.

Sedendosi in macchina, Filippo, invece, dopo tanti mesi di asfissia, si senti' sollevato. Per prima cosa spense il cellulare. Respiro' a fondo fino al diaframma. Negli ultimi anni, penso', mai aveva potuto farlo con altrettanta soddisfazione. Sentiva di poter andare dove voleva, di dare finalmente alito alle fantasie piu' sfrenate come a quelle piu' abbordabili:

- Aspettami, New York, sto arrivando! -

Da quanto tempo aveva smesso di tener conto dei suoi desideri profondi, delle sue attese? Prima dei suoi pensieri c'erano i pensieri degli altri, quelli di sua moglie nei primi anni del matrimonio e poi della bambina, ora cresciuta e diventata una giovane donna in grado di vedersela da sola. A questo punto non era indispensabile a nessuna delle due e era giusto cominciare a badare a se'.

D'improvviso si domando' da quando tempo si era imposto dentro di lui quel genere di riflessioni. Erano cominciate circa tre mesi prima, proprio mentre spegneva le candeline del suo quarantatreesimo compleanno. Alzando la testa aveva visto una schiera di parenti e amici intenti a battere le mani e a fargli gli auguri. Non senti' nulla, in verita'. Ebbe l'impressione di trovarsi dentro un acquario coi pesci che aprono e chiudono le fauci senza emettere suoni. Sconvolto gli sembro' di aver vissuto decine di volte sempre la stessa scena che si sarebbe ripetuta all'infinito fino a che non l'avessero seppellito. Provo' un brivido e si rese conto di essere incastrato in un ingranaggio che lo stava annientando.

Poi, proprio in quei giorni, aveva incontrato Alessia. Serviva al bar della stazione da qualche mese. La vedeva quasi tutte le mattine prima di salire sulla metro che lo portava alla sua scrivania di contabile di una ditta di laterizi, all'altro capo della citta'. Sulle prime aveva notato le mani, particolarmente affusolate e bianche, da artista, aveva pensato. In verita', lei lavorava dalle 4 alle 8 per mantenersi e intanto studiava restauro.

Era stata Alessia, senza neanche chiedergli il nome, a domandargli:

- A che ora riprendi il treno al ritorno? -

Era arrossito, come gli accadeva da adolescente. La fisso' negli occhi vellutati quasi senza il bianco della cornea. Una lunga frangia le giungeva alle sopracciglia e sotto di esse cominciava il candore del viso, che lui paragono' al latte della luna.

Il primo istinto fu di scappare, avendo avvertito il pericolo, ma non si mosse. Alessia aveva poco piu' dell'eta' di sua figlia e gia' sentirsi lusingato dalle sue attenzioni lo spingeva su una china scivolosa.  Non aveva dimenticato di essere sposato.  SPOSATO. E, si disse, non era di quelli che si ficcano in nuove situazioni senza aver prima risolto la precedente.

Mentre girava la chiave nel cruscotto, fu tentato, tuttavia, di presentarsi proprio a casa di Alessia. Lei, due sere prima, lo aveva implorato:

- Te ne prego, non permettere che passi il Natale da sola. Fa qualcosa! -

Alessia lo disse come per scherzo, ma non c'erano dubbi che lo invitasse sul serio, anche se Filippo finse di non aver compreso. Senza sottrarsi al gioco di sguardi e ai complimenti che rimandavano a inviti sempre piu' espliciti, lui si manteneva arroccato in una sorta di ambigua sospensione nonostante il suo coinvolgimento fosse ogni giorno piu' profondo. Si ritrovava sempre piu' spesso a percepire i polpastrelli di Alessia lungo la schiena, mentre respirava il profumo della sua giovinezza in pieno fiore. Era difficile resistere oltre.

Abbastanza lucido, Filippo si diresse fuori citta', verso un albergo non troppo caro.

Si addormento' all'alba e dormi' fino alle undici. A quell'ora, il nevischio crepitava sui vetri della finestra, il cielo era plumbeo. In lontananza, nei cortili vibravano le pallide luci degli abeti addobbati all'aperto. Le decorazioni della facciata sotto di lui passavano ininterrottamente dall'argento al blu.

Prese una bottiglietta d'acqua dal frigo e un succo di frutta. Immagino' sua moglie pensare a una scusa per la sua assenza con Bianca e con i parenti. Magari aveva gia' preparando l'insalata russa che avrebbe portato per il cenone. Magari ogni tanto si chiudeva in bagno per bagnarsi la faccia invasa dal pianto.

Non ebbe alcuna reazione.

Fu certo, pero', che sua moglie non avrebbe detto una parola contro di lui, almeno fino a che non avesse capito cosa stesse succedendo.

Disteso sul letto, senza alcuna voglia di uscire dalla camera, rivide Luisella al loro primo incontro a un ballo di fine anno scolastico, lei con la coda di cavallo, i capelli color canapa, quasi albini, e un sorriso perfetto che le illuminava il viso.

Non si erano piu' lasciati. Con tranquilla tenacia lei gli aveva insegnato a distinguere le costellazioni, ad apprezzare l'arte. Gli aveva infuso nel profondo una nuova sensibilita' verso il bello e l'armonia che fino a quel momento aveva considerato poco virile, senza sentirsene diminuito.

Dove erano finite le loro avventure, effettive o solo immaginate, e dove erano finiti loro due? Erano mesi che non la toccava. Persino la sua voce talvolta gli procurava una ruvida fastidiosa reazione di ripulsa.

Intorno a mezzogiorno era ancora in pigiama. In lontananza squillavano le campane. Il nevischio aveva sciolto la neve e le strade erano invase dalla fanghiglia.

Pranzo' con alcune merendine che trovo' nel frigobar, lasciando la mente vagolare a caso. Tornarono i rimpianti. Avrebbe, per esempio, voluto aprire un ufficio di contabilita' tutto suo. Ne aveva parlato a Luisella, dicendole che intendeva riprendere l'universita' e dare quel paio di esami che gli mancavano, ma lei gli aveva fatto notare che la bimba stava per nascere e reclamava il biberon e i pannolini. Non lo aveva incoraggiato neanche quando anche lei aveva cominciato a lavorare e la loro situazione economica si era assestata.

Intorno alle diciassette si appisolo'. Fece sogni contorti e terrificanti, fino a che Alessia non li scaccio' col suo abito rosso fiamma, il petto gonfio che si alzava nel respiro. Anche nel sogno, Filippo penso' che non conosceva una ragazza altrettanto bella e capi' che si sarebbe lasciato andare.

Alle venti senti' squillare il telefono della camera. Intontito pronuncio' il suo nome senza capire cosa dicessero dall'altra parte. Gli ripeterono di prepararsi in fretta e di scendere.

Si trovo' davanti due uomini in divisa che si offrirono di accompagnarlo in ospedale. Con la sirena innestata lo avrebbero raggiunto in un lampo.

- Ospedale? - farfuglio'.

- Purtroppo sua figlia ha avuto un incidente - disse uno dei due.

- Guidava il suo ragazzo. Impasticcato e ubriaco, ne e' uscito illeso... la fortuna, certe volte... Sua moglie ha mobilitato mezzo mondo in quanto lei ha tenuto il telefonino spento... Per fortuna ci e' bastato fare un paio di chiamate agli alberghi in citta' -

Dopo un'esitazione aggiunse:

- E' Natale, signore. Non dovrei permettermi, ma stia con la famiglia -

Giunto in ospedale Filippo non ebbe la pazienza di attendere l'ascensore e si precipito' per le scale. Davanti alla sala operatoria trovo' sua moglie accanto ad una finestra. Sembrava di pietra fino a che non lo vide e comincio' a tremare.

- Come sta? -

- La stanno operando per delle lesioni interne. Non ho voluto sapere. Ho solo detto di restituirmela come prima. Il chirurgo mi ha abbracciato e mi ha detto che avrebbe fatto il possibile -

Filippo strinse Luisella quasi per impedirle di crollare a terra. Il corpo era morbido e caldo, come quello di una bambina. Si trovo' a giurare che se Bianca ce l'avesse fatta non si sarebbe mai piu' girato indietro o recriminato su quello che non era stato per quanto gli dovesse costare. Il pensiero di perderla lo attraverso' come una lama. Ci sarebbe stato solo buio e non sarebbero nati piu' frutti e cinguettano uccelli, senza di lei. Quella notte sarebbe stata infinita, considero', mentre un groppo alla gola gli toglieva il respiro.

Come se ascoltasse i suoi pensieri Luisella mormoro':

- Tutti pensano di vivere la vita sbagliata, ma spesso cio' che veramente vogliamo e' sotto i nostri occhi -

A questo punto Filippo fu travolto dallo stupore. Avverti' un fiotto caldo salire per la schiena verso la nuca. Gli sembro' impossibile aver desiderato di poter rinunciare a una casa che conservava il respiro di tanti anni di loro tre, a una moglie che gli leggeva dentro e a una figlia che iniziava la fatica di essere adulti.

Nella notte che avanzava, Filippo prese la mano di Luisella e noto', oltre i vetri, cortei di famiglie diretti alla chiesa vicina per la messa di mezzanotte. Imbacuccati si tenevano stretti l'un l'altro. Ogni tanto qualcuno alzava lo sguardo per vedere se finalmente il cielo si decideva a imbiancare la citta' e forse, rischiarando, la luna poi si sarebbe rispecchiata nella neve rendendola fosforescente.

Filippo penso' che, anche senza la neve, avrebbe avuto il miglior Natale della sua vita, mentre notava che il chirurgo si avvicinava sorridendo.

Dopo poco la luna fu coperta dalle nuvole e cominciarono a cadere i fiocchi.

 

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quellichelacomit.it - dicembre 2017: le news di Natale